Ricordi

Le acque del fiume erano tutt'altro che terse. Narciso stesso avrebbe versato lacrime specchiandosi nella corrente, che riusciva a portarsi dietro tutto fuorché i pensieri che affollavano la mente di quel ragazzo. Camminava a passo lento lungo il sentiero, un po' per stanchezza, un po' per la sua innata pigrizia. Era a pochi metri dalla riva e a vederlo così, a testa bassa, sembrava assorto ad ascoltare il gorgoglio delle piccole onde che increspavano le acque. Sembrava solo. Ma bastava voltare lo sguardo un po' più a destra per vedere tutti i suoi amici, che si agitavano e ridevano. Lui era una macchia lì in mezzo, sporcava con la sua camminata stanca il vigore di quel piccolo gruppo di ragazzotti. Eppure era lì, chissà perché. Forse perché il miglior metodo per dimenticare è non pensare, e dicono che basti fare altro per riuscirci. Lui in quel momento pensava quanto fosse stupido cercare di dimenticare. Pensava alle acque, che erano sempre state lì, ma non si erano mai fermate. Pensava agli amici, che sono tutto quello che un uomo può avere, prima che una donna te li porti via. Pensava a quel sentiero, il ricordo di lunghe passeggiate a parlare per cercare di comprendere, a restare in silenzio per imparare a capirsi. E quel fiume sempre lì, al loro fianco ad annuire. Poi tutto improvvisamente sparì. Tutto in verità restò dov'era, ma nella sua mente non aveva più importanza. Sentiva la mano di lei stringere la sua. Non dovette neanche girare la testa per vederla, gli bastò sentirla per sapere che c'era. Aveva mille domande per la testa, ma evitò di guardarla negli occhi per il timore di trovarci tutte le risposte. Alla fine disse "Dove sei ora?". Gli chiese questo. Glielo chiese sapendo che questo non avrebbe cambiato nulla. Lei non rispose. Ma col suo sguardo avvolse tutto quello che era lì intorno. Lui lo sentì, e come in quei loro silenzi andati, riuscì a capire il senso. In quello stesso momento la sua mano si sciolse in lacrime in quella di lui, e tutto intorno apparve quello che lei aveva lasciato. E che lui sapeva non aveva lasciato affatto.

Ti voglio bene. Ovunque tu sia e non sia.

Dal Genio Di Carlo Colloqui

Continuano a raccontarci favole. E se è vero che "ogni favola è un gioco", qui non è vero che chi l'ha dura la vince. Con questi dello IED non c'è proprio speranza. Dovrebbero scriverlo sul loro sito. Una bella rubrichetta intitolata "Provati". Le impressioni a caldo, quasi tiepido, di chi ha provato il triennio IED e ne è uscito provato. Poi voglio vedere se i trepidanti futuri iscritti, quando andranno a leggere i nostri pareri, avranno ancora voglia di sganciare la modica, e mo' ve la dico, cifra di 7 mila Euro annui, spiccio più spiccio meno. Oggi sono un po' polemico. Non voglio polemizzare, non è stato tutto negativo. Ma deludente sì, per molti. Sarà che invece di indirizzarci al mondo del lavoro, ci hanno dato un piccolo assaggio di come sarà la vita.
Non lo so. E' brutto certe volte non avere parole. Molto brutto e degradante, soprattutto per un copywriter (o presunto tale). Ma peggio ancora è averle, e sapere di non poterle usare. Strozzarle prima che possano far danni, o semplicemente strozzarle per paura di farne ancora. Io di recente mi sento un serial killer di pensieri. A tanti ho chiuso la bocca, morti e sepolti nella mia spaziosa testa (spaziosa perché vuota). Eppure ne conservo i corpi, ancora caldi. E come un improbabile Dr. Franknstein sono pronto a irradiarli d'elettricità per poi gridare "Vivi!", e magari riuscire a infilarli in qualche dove. Tanto per non avere rimorsi.
Non capisco che cazzo vuole. Giuro, mi sono fatto mille domande e risposto ad altrettante. Ma come direbbero i Ratti "Perché sarà ignoranza, ma in fondo a tutte le risposte ho una domanda che mi avanza". Che poi forse la risposta è quella più semplice: è una stronza. Anzi, ne sono sicuro. Se sapevo sarebbe stato così andavo a vendere accendini nel Gargano. Altro che agenzia. Arpia di merda.
Ma parliamo dei Tokyo Hotel. Ma anche no.
Non sono sicuro delle mie certezze.

"La musica fa sempre il proprio dovere, la prendi un secondo si lascia trombare. Poi va con un altro e tu non si sa con chi vai. Però te la godi sapendo che ci tornerai..."
Luciano Ligabue "In pieno Rock 'n Roll"

Mi Butto A Pesce

Un suicidio. Davvero, è come buttarsi all'ammazzatora. E' come andare in un concessionario, comprare un Porsche Cayenne, uscire e dirigersi a 180 Km orari verso un muro di cemento armato fino ai denti, sperando che dall'airbag esca la Ferilli. Sono masochista? Sono all'ultima spiaggia? No, per carità. Sono solo un po'... pazzo! Comunque, in altre circostanze, sarebbe stato spettacolare. Una cosa da far accapponare i capezzoli. Invece, così come stiamo combinati ora, non c'è modo di sapere cosa succederà. Chissà se mi arriverà una ciabatta tra capo e collo. Più probabilmente ci limiteremo a un sorriso. Sarebbe già tanto. Tanto e niente.
Oggi è la settimana IED! Ho preso le ferie. Dovevo. Ho preso le ferie e poi mi chiama il caporeparto e mi fa "Mi faresti il favore di coprire un turno che il tuo collega non c'è". E io "Attaccate e tira forte!". Se, magari. Come al solito, maledetta bontà d'animo, sono andato. Alle mie condizioni (in ritardo di un'ora), ma sono andato. Quindi ciccia, niente riposo neanche 'sta settimana. Ci riconsoliamo con la spettacolare e fantasmagorica festa IED? Non credo.
Pensavo "Sono diventato un po' volgare". Sì, in effetti sono molto diverso da 4-5 anni fa, quando non dicevo una parolaccia. Qualche doppio senso al massimo, ma mi ero ripromesso di non turpiloquiare. Poi invece ho scoperto la potenza evocativa che si cela dietro a un "cazzo" o a un "vaffanculo". Però penso di essermi fatto prendere troppo la mano. Questa non è una critica verso chi ne fa un uso. Ma ad esempio, ho sempre pensato che far ridere con le parolacce sia molto più facile e molto meno nobile. Che gusto c'è a infilare un culo e due tette in una frase per provocare la risata? Non c'è creatività, non c'è ingegno, che gusto c'è? Poi sta anche in chi ride. Io rido delle volgarità, non ne posso fare a meno, anche perché si può coniugare i due mondi, ma ammiro chi riesce a far ridere senza farne uso. I parolieri, chi ti infarcisce di calembeur, o chi ha la gestualità giusta o ancora una lingua tagliente e un pensiero che va oltre. Questa è la differenza tra ridere e sorridere. Tra ridere a crepapelle e sorridere perché nello stesso tempo si prova un certo senso di ammirazione. Sì lo so, so fissato con questa cosa. Ma per me è importante. Tutto il resto è merda. Ecco, visto? Mannaggia!
Il vincente è colui il quale non ha paura di perdere.

"Quando ero piccolo tutti mi chiedevano cosa volevo fare da grande. Gli altri rispondevano: il dottore, il tranviere, l'astronauta. Io dicevo: la testa di cazzo. Sono l'unico che ce l'ha fatta."
Paolo Rossi